giovedì 21 marzo 2013

La Freccia del Sud - Post n. 57

Pietro Mennea
28/6/1952-21/3/2013


Le prime Olimpiadi alle quali Mennea aveva partecipato, Monaco 1972, erano terminate in maniera più che soddisfacente con la conquista di un'insperata medaglia di bronzo nei 200 m, dietro il grande Borzov e l'americano Black; in più aveva preso parte anche alla finale della staffetta 4x100: niente male per un ventenne, anche se Pietro vedeva il 3° posto come una piccola delusione perché era giusto puntare sempre e comunque al massimo. 
Il 1973, invece, era stato un anno difficile. La pubalgia (o più precisamente, l'osteocondrosi della sinfisi pubica) l'aveva tormentato per tutta la stagione impedendogli di dare un seguito ai grandi risultati dell'anno precedente anche se in ogni caso era riuscito ad inanellare alcune buone vittorie ai Mondiali Militari e alle Universiadi. Fortunatamente però le cure (infiltrazioni locali di un antinfiammatorio uniti a tre mesi di stop) abbinate alla sua ferrea volontà avevano avuto il loro benefico effetto e Pietro si era ripresentato sulla scena mondiale desideroso di stupire ancora il mondo dell'atletica...
ROMA '74 (campione d'Europa dei 200 m) 
L'appuntamento clou del 1974 erano i Campionati Europei da disputarsi sulla pista in tartan dello Stadio Olimpico di Roma: non si poteva certo deludere il pubblico di casa!
La stagione, prima della kermesse europea settembrina, era andata bene per Pietro: aveva conquistato due titoli italiani ai quali avrebbe poi aggiunto quelli delle staffette 4x100 e 4x200 vinti con la maglia della sua nuova società, l'Alco Rieti; inoltre nelle gare internazionali si era sempre battuto pari a pari con i migliori specialisti del mondo, Borzov compreso. Ecco, proprio la sfida con l'amico-rivale sovietico solleticava la fantasia di Mennea: doveva arrivare finalmente l'ora del passaggio di consegne e di prendersi lo scettro di miglior velocista europeo.
La prima gara in programma erano i 100 m e qui Borzov dimostrò ancora una volta la sua classe immensa unita ad un'esperienza che il giovane Mennea non poteva ancora avere: presentatosi in condizioni fisiche non ottimali, l'ucraino si risparmio molto durante i turni di qualificazione, nei quali invece Mennea aveva fatto intravedere una migliore "corsa", per poi invece esplodere in tutta la sua potenza nella finale; a dire il vero a Borzov non fu necessario neanche un grossissimo tempo (10"27) per regolare l'avversario, evidentemente ancora ipnotizzato dal mito del suo grande antagonista.
Ma la rivincita, per Pietro, non si fece attendere: 3 giorni dopo lo smacco dei 100, c'era subito quella che era ormai diventata la sua gara preferita, i 200 m; l'acciaccato Borzov non vi aveva preso parte, risparmiandosi per la staffetta, ma gli avversari temibili, tedeschi e francesi in primis, non mancavano davvero! Però Mennea questa volta non si lasciò intimorire da niente e da nessuno riuscendo a portare a casa l'agognato oro continentale, il primo grande trionfo della sua carriera: i tedeschi Ommer e Bombach finirono ben distanti. A questi allori il barlettano aggiunse anche l'argento della staffetta 4x100 insieme a Guerini, Oliosi e Benedetti: solo il quartetto francese separò gli azzurri dalla vittoria, ma Borzov e soci erano finiti ben dietro.

PRAGA '78 (campione d'Europa dei 100 e 200 m) 
Dagli europei di Roma a quelli di Praga accaddero molte cose nella vita sportiva di Mennea, come al solito costellata da vittorie (molte), sconfitte (poche) e... polemiche.
Purtroppo una delle poche debàcle era arrivata nell'occasione più importante, le Olimpiadi di Montreal nel 1976; Pietro si era presentato all'appuntamento canadese in precarie condizioni fisiche e psicologiche, anche perché i gravi contrasti fra il suo preparatore atletico Vittori e la Fidal avevano coinvolto in qualche maniera anche lui: non c'era la serenità necessaria per raggiungere grandi risultati. Eppure, nonostante tutto, il podio dei 200 m rimase solo ad un passo (4° posto) nella gara vinta dal giamaicano Don Quarrie, con il quale i conti sarebbero stati regolati a Mosca. Mennea risorse nuovamente dalle proprie ceneri a dispetto dei "gufi" che lo davano già nella parabola discendente della carriera, riprendendo subito a convincere e, soprattutto, a vincere.
Probabilmente, però, neanche lui si sarebbe aspettato la fantastica doppietta di Praga: certo, l'oro dei 200 m era chiaramente alla sua portata, ma quello dei 100 andò anche al di là delle sue aspettative.
Quella del 1978 fu un'estate anomala e capricciosa in Cecoslovacchia: freddo e pioggia imperversarono per tutta la durata dei campionati europei, ma neanche il tempo inclemente impedì a Mennea di raggiungere un traguardo fino ad allora toccato da soli 4 atleti (Berger nel '34, Osendarp nel '38, Futterer nel '54 e Borzov nel '71). Il primo oro giunse proprio dalla distanza più breve: paradossalmente il meglio di se Pietro lo diede in batteria, realizzando con 10"19 il nuovo record italiano, mentre in finale fu sufficiente un 10"27 per portarsi a casa la vittoria davanti al tedesco orientale Ray (il vecchio rivale Borzov finì solo all'8° posto); nei 200, invece, fu quasi una passeggiata conclusa con un ottimo 20"16 rispetto al 20"61 del secondo classificato. A Praga Mennea disputò anche le finali di entrambe le staffette per un totale, batterie comprese, di 10 gare in 6 giorni!

CITTÁ DEL MESSICO '79 (Record del mondo dei 200 m) 
Mennea, con i risultati fin lì ottenuti, si era già ritagliato una parte importante nella storia dell'atletica italiana e mondiale, ma sapeva di poter ottenere ancor di più, e quel di più erano sicuramente il primato mondiale dei 200 m e l'oro olimpico: nel giro di due stagioni avrebbe agguantato questi due fantastici traguardi guadagnando l'eterna gloria, oltre che l'incondizionata ammirazione degli appassionati di sport sparsi in tutto il mondo.
Andiamo per gradi. Il 1979 era stato ricco di ottimi risultati e questo lasciava presagire che poteva essere l'anno buono per tentare il colpaccio: l'occasione propizia era stata individuata nelle Universiadi che si dovevano svolgere in settembre ai 2000 metri di altitudine di Città del Messico. L'aria rarefatta avrebbe sicuramente dato una grossa mano, come del resto l'aveva data al recordman in carica Tommy Smith 11 anni prima. Fu preparato tutto con cura certosina: il cibo (spaghetti con parmigiano e bistecche), la preparazione, l'ambiente esterno, ogni particolare insomma. I risultati non si fecero attendere: prima il primato europeo dei 100 m (10"01), poi un'incredibile escalation di risultati sulla doppia distanza (19"8 manuale in un test pre-giochi, 19"96, record europeo, e 20"04 nelle qualificazioni) fino al sensazionale 19"72.
Era il 12 settembre, ore 15.15 locali (23.15 in Italia); giornata molto calda e umida, come del resto era consuetudine nella capitale messicana, accompagnata da un vento fastidioso. Minacciava pioggia. Mennea e Vittori sapevano che era una delle ultime occasioni, se non proprio l'ultima, per battere il record ma Pietro era tranquillo: il riscaldamento pre-gara era andato benissimo, avvertiva sensazioni di corsa perfette; Vittori era certo che il suo pupillo avrebbe compiuto l'impresa.
Lo Stadio Olimpico era quasi deserto; ai blocchi di partenza, con Pietro, c'erano il sovietico Bourak, il polacco Dunecki, l'africano Kablan, il danese Smedegaard, il brasiliano De Silva, lo statunitense Melvin e il britannico Bennet; niente grossi nomi, e ciò aumentava le difficoltà: senza lo stimolo di un grande rivale, Mennea aveva come avversario solo il cronometro. Andò come tutti sapete e chissà quanti immaginarono che quei fatidici 4 numeretti, 19"72, avrebbero continuato ad accompagnare le gare internazionali per ben 17 anni, fino all'avvento di Michael Johnson, l'uomo bionico. Dopo pochi giorni, tanto per non lasciare nulla d'intentato, il nostro campione trascinò i compagni della staffetta 4x100 (Lazzer, Caravani e Grazioli) al record europeo.

MOSCA '80 (campione olimpico dei 200 m)
Le olimpiadi moscovite non erano nate sotto una buona stella. Molti paesi occidentali avevano boicottato i Giochi per protestare contro l'invasione dell'Afghanistan da parte dell'Armata Rossa sovietica. E così gli atleti di U.S.A., Germania Ovest, Canada, Giappone ed altre nazioni importanti erano stati costretti a rimanere a casa. Anche l'Italia in un primo momento non avrebbe dovuto partecipare in quanto il governo aveva espressamente invitato il C.O.N.I. a disertare Mosca, ma il nostro massimo ente sportivo dette prova di grande e saggia autonomia organizzando lo stesso la spedizione olimpica. Il governo italiano se la legò al dito negando alla delegazione azzurra l'uso del nome Italia e del Tricolore nonché l'autorizzazione agli atleti militari di lasciare il paese: fortunatamente Mennea aveva già svolto gli obblighi di leva...
Pietro era partito per la sede delle Olimpiadi teso e preoccupato per via del clima incerto che circondava l'evento; come abbiamo più volte visto, la mancanza di serenità era sempre stata per lui molto deleteria. In effetti la prima gara, i 100 metri, non era andata per niente bene tanto che Mennea neanche si era qualificato per la finale, vinta poi dal forte scozzese Alan Wells. Ma lui aveva deciso di puntare tutte le sue chances sulla gara prediletta, i 200 metri.
I turni di accesso alla finale erano filati via tranquillamente, era arrivata l'ora della resa dei conti: 28 luglio, ore 20 circa; gli avversari da tenere d'occhio erano Wells (che aveva sorpreso Mennea l'anno precedente in Coppa Europa), il giamaicano Quarrie (l'oro di Montreal) ed il cubano Leonard (autore di brillantissime prestazioni). A Mennea venne assegnata la scomodissima 8^ corsia, quella dove non si ha alcun punto di riferimento perché gli avversari sono tutti dietro; Pietro non la prese bene e ciò aumentò il suo nervosismo. Wells era dietro di lui, in 7^, Quarrie più distante, in 4^.
Lo starter diede il via: lo scozzese partì come una scheggia, la sua tattica prevedeva di raggiungere e staccare immediatamente Mennea per poi resistergli fino alla fine; quest'ultimo, da parte sua, ebbe una partenza quantomeno prudente, quasi volesse farsi superare dagli altri per poterne studiare la posizione all'entrata del rettilineo. A 50 metri dal termine il barlettano era però ancora in ritardo, almeno Wells sembrava irraggiungibile: qui iniziò una delle più memorabili progressioni della storia dell'atletica moderna, scandita dall'indimenticabile telecronaca del compianto Paolo Rosi:
"....recupera ....recupera ....recupera ....recupera ....recupera ....HA VINTO! ....HA VINTO! .... Pietro Mennea ha compiuto un'impresa straordinaria....". Un buono, ma non eccezionale, 20"19 fu il tempo della grande impresa, ma cosa conta il riscontro cronometrico di fronte ad una medaglia d'oro olimpica? Mennea ruppe ogni cerimoniale perchè fu l'unico vincitore a soffiarsi dalle grinfie dei severissimi addetti alla sicurezza sovietici, che avevano l'ordine tassativo di far sparire immediatamente negli spogliatoi i trionfatori delle varie gare: ed invece lui volle portare in giro per tutto lo stadio Lenin il suo famoso indice alzato verso il cielo e salutare i pochi ma suggestivi tricolori sventolanti. Prima della fine delle Olimpiadi, un'altra soddisfazione: con i compagni Malinverni, Zuliani e Bongiorni si portò a casa il bronzo della 4x400.

La carriera di Mennea non finì certo a Mosca, anche se le più grandi imprese erano state già compiute. Ma altri risultati di rilievo accompagneranno la sua lunga carriera, inframmezzata da 2 momentanei ritiri (marzo 1981-agosto 1982 e ottobre 1984-settembre 1987): il record sui 200 m a livello del mare (19"96) conquistato nella sua Barletta, l'argento (4x100) e bronzo (200 m) mondiali ad Helsinki, la 4^ finale olimpica consecutiva a Los Angeles, la 5^ olimpiade di Seul nella quale ebbe l'altissimo onore di essere il portabandiera della squadra italiana.
Fonte: www.pietromennea.it


 Mosca 1980 - Finale 200 m

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